A Scuola con lo chef - I LIEVITATI - Maestro Riccardo Scevaroli
Parlando di lievitati,
come non pensare ai dolci che ci hanno sempre accompagnato nelle nostre colazioni
come le viennoiserie e i grandi
lievitati da ricorrenza come panettoni, colombe, pandori!? Prodotti in cui il
lievito svolge non solo il ruolo di promuovere lo sviluppo di CO2 (anidride
carbonica) ma fornisce anche un contributo attivo alla formazione del mix
aromatico finale del dolce.
Viennoiserie e grandi
lievitati possono essere classificati come:
a) prodotti a
lievitazione biologica e per evaporazione per le viennoiserie dove la lievitazione del
prodotto finale è un mix fra anidride carbonica prodotta dall’azione dei
lieviti combinata alla spinta dell’umidità emulsionata ai grassi presenti
nell’impasto
b) prodotti a lievitazione biologica per i lievitati da
ricorrenza
Il lievito quindi svolge
un ruolo fondamentale nella corretta riuscita di un buon lievitato e presuppone
una buona conoscenza del suo comportamento per dosarlo correttamente e gestirlo
altrettanto bene.
Due le tipologie
principali di lievito da cui discendono tutte le sottocategorie di agenti
lievitanti naturali utilizzati negli impasti:
A) Lievito madre: Come non iniziare da un lievito che ha
origini antichissime e che ha rappresentato i fondamenti della moderna
panificazione e della pasticceria
lievitata. Il lievito madre non è altro che un impasto di acqua e farina
lasciato fermentare in maniera spontanea in un ambiente idoneo per un tempo più
o meno lungo.
La sua acidificazione e
fermentazione sono essenzialmente dovute ai batteri presenti nell’aria che
trovano un luogo ideale alla loro riproduzione dando origine ad una popolazione fatta da batteri lattici,
acetici e lieviti di oltre 250 specie differenti.
Si produce con un impasto
idratato al 45% di acqua e farina (200 g di farina di forza, meglio se macinata
a pietra, 90 g di acqua), 5 grammi di malto o miele, 3 g di olio.
Per questo impasto si
trovano diverse varianti dove l’acqua
viene sostituita da succhi di frutta,
yogurt, acqua gasata, polpa di frutta fresca,… Tutte queste varianti nascono
dall’esigenza di acidificare l’impasto e di fare da starter per la
fermentazione.
Si impastano gli
ingredienti sino a ottenere un impasto consistente, si opera un taglio a croce
sulla sommità e si pone l’impasto a fermentare coperto da pellicola trasparente
forata per 48 ore. Trascorso questo tempo
si procede al primo rinfresco prendendo 100 g di lievito madre dal cuore,
scartando la crosta esterna, si mescola
con 100 g di farina e 40 g di acqua.
Io tendenzialmente preferisco sciogliere il
cuore del lievito madre in acqua con una piccola frusta per areare il composto
fornendo ossigeno per la futura lievitazione e favorire l’evaporazione delle
frazioni aromatiche alcooliche.
L’impasto viene quindi
riposto sempre in un ambiente idoneo e a temperatura ambiente. Da questo momento si procede ai rinfreschi di
rinforzo in ragione di 2 al giorno per 12-14 giorni. Alla fine di questo periodo il lievito madre
avrà acquisito forza necessaria per raddoppiare di volume in 3 ore e avrà una
popolazione batterica che conferirà il caratteristico odore acido/fruttato.
Un lievito madre è in
buona salute quando il suo PH è fra il 4,5 ed il 5, non ha ovviamente segni di
muffe o spore ed il suo odore è gradevole e non eccessivamente acido. Il
caratteristico odore è dovuto alla prevalenza di fermentazione lattica rispetto
a quella acetica.
Il lievito madre ha innegabili vantaggi per alcuni
aspetti fondamentali:
·
La sua acidità di base rende la conservazione del
prodotto più lunga rispetto ad un analogo prodotto fatto con lievito di birra.
Va inoltre aggiunto che i prodotti con lievito madre si mantengono morbidi per
un periodo più lungo di quelli fatti con altri metodi
·
Essendo una pasta acidificata non è necessario fare una
biga o un poolish serale accorciando quindi i tempi di realizzazione di alcuni
prodotti
·
Usato insieme al lievito di birra, per prodotti a
lievitazione mista si ha un sensibile accorciamento dei tempi di esecuzione dei
lievitati.
I principali svantaggi del lievito madre in un utilizzo
prevalentemente casalingo sono:
·
Necessità di una cura costante e di rinfreschi di
mantenimento più o meno frequenti in
funzione dell’utilizzo. A livello casalingo dove generalmente i rinfreschi di
mantenimento sono spesso molto distanziati per ragioni di scarti e di costo, si
ha un lievito di forza non sempre ottimale, con un mix aromatico inferiore a
lieviti madre utilizzati con frequenza quotidiana e un comportamento in
lievitazione non sempre costante nell’arco del tempo.
·
A livello casalingo dove temperatura e umidità hanno
maggiori variabilità che in laboratorio il rischio di incorrere in acidosi o
attacchi fungini.
B) Lievito di birra: è il lievito più conosciuto e utilizzato ai
nostri giorni. È una
coltura selezionata di un ceppo di lieviti conosciuto come Shaccaromyces Cerevisiae.
Si trova essenzialmente nella GDO (grossa distribuzione) come lievito compresso
(o anche detto fresco, i cubetti che si trovano nei banchi frigo) ed essiccato.
Il fattore di conversione tra lievito compresso ed essiccato è di 3,6, quindi 1
g di lievito secco corrisponde a 3,6 g di lievito compresso. Il vantaggio di un
lievito secco rispetto ad uno fresco è legato ad una maggiore conservazione
dello stesso e la possibilità di poterlo conservare anche in dispensa in luogo
fresco e arieggiato.
Un lievito compresso o
fresco per essere usato deve avere un aspetto ottimale, non trasudare acqua,
deve sgranarsi sotto le mani in scaglie senza impastare e deve avere un buon
profumo.
Il lievito di birra
consuma ossigeno e amidi delle farine, oltre agli zuccheri presenti negli
impasti producendo come sottoprodotto della reazione chimica l’anidride
carbonica responsabile della lievitazione e alcool etilico che apporta sapore e
profumo grazie ai composti aromatici volatili.
La migliore temperatura
per una corretta lievitazione si colloca tra i 24 ed i 27°C. Temperature
superiori a queste provocano nei lieviti una eccessiva attività con sviluppo di
sottoprodotti aromatici non sempre gradevoli nel risultato finale. A
temperature inferiori ai 4°C si ha lo sviluppo di fermentazione alcoolica con
produzione di composti aromatici volatili di alcool etilico tipici di una
fermentazione notturna in frigorifero richiesta in molti dei prodotti lievitati
di pasticceria.
Il lievito di birra viene
usato sia in impasti diretti sia in quelli indiretti (biga e poolish).
La biga è un preimpasto fermentato idratato al 44% e con l’1% di
lievito di birra (1 kg di farina di forza W300, 440 g di acqua, 10 g lievito) e
lasciato fermentare a 18-20°C per 16-24 ore (biga di media maturazione) o bighe
di lunga maturazione fino a 48 ore con fermentazione in frigorifero a 4°C e le
ultime 24 ore come per la biga di media maturazione a 18°C.
Si impasta rapidamente il
prodotto fino a che non abbia una consistenza sufficiente per formare una palla
con una superficie rugosa ( per
intenderci, non bisogna ottenere un prodotto incordato) e lo si colloca in un recipiente tronco
conico, leggermente unto , così che aiuti la biga ad ottenere la massima
spinta.
Ad una maggiore
maturazione corrisponde ovviamente una complessità aromatica migliore ed un
risultato finale di migliore qualità
Il poolish come la biga è un impasto pre-fermentato in cui
l’impasto è idratato al 100% (quindi 1kg di farina di forza e 1 kg di acqua) e
la quantità di lievito viene calibrata in funzione del periodo di lievitazione
desiderato.
Le dosi più comuni
espresse in % su kg di farina in funzione delle ore di lievitazione sono:
2 ore à 2,50%
5 ore à 1%
8 ore à 0,50%
12-16 ore à 0,10%
Il poolish è pronto per
l’uso come nel licoli (lievito in
coltura liquida) quando il centro comincia ad affossarsi e il suo profumo è ben
sviluppato, leggermente acido ma gradevole.
Il poolish trova un
utilizzo generalmente in ricette salate e con minor frequenza in ricette dolci
essendo meno indicato di altri metodi per impasti ricchi di zucchero e grassi.
Vantaggio dell’utilizzo del lievito di birra :
·
Rapidità di uso per prodotti con lievitazione diretta
·
Ottenimento di impasti pre-fermentati che necessitano di
cura inferiore rispetto al lievito madre e con scarti nulli rispetto ai
rinfreschi del lievito madre.
Alla fine di questa lunga
introduzione al mondo dei lieviti per approcciare il variegato mondo dei
lievitati vi propongo una ricetta delle classiche brioche per cominciare ad
acquisire la manualità con gli impasti base della pasticceria lievitata e
confidenza con i lieviti.
Ingredienti per Brioche Classica (q.tà per 15 brioche da
60 g cad.)
Preimpasto fermentato (lievitazione rapida metodo diretto)
Farina 00 W320 100 g
Lievito di birra 10
g
Acqua 50
g
Impasto finale:
Farina 00 W320 400 g
Zucchero semolato 150 g
Miele 10
g
Latte intero 50 g
Uova intere 150 g
Burro 82% massa grassa
(m.g.) 170 g
Buccia di arancia 2 g
Buccia di limone 2 g
Vaniglia in bacche 1 g
Per dorare in superficie:
2 tuorli d’uovo
40 g di panna (o latte
intero in alternativa)
Procedimento:
Fare un
preimpasto fermentato mescolando i primi 3 ingredienti e lasciare puntare a
temperatura ambiente (20-22°C) fino a raddoppio.
In una
planetaria con gancio a foglia mettere zucchero semolato, miele, uova e latte, avviare e fare
sciogliere bene gli zuccheri. Inserire la farina e avviare nuovamente la
planetaria. Non appena la farina ha assorbito i liquidi e comincia a formarsi
un impasto, inserire il pre-impasto fermentato e successivamente non appena
inglobato, aggiungere il burro con consistenza cremosa (20°C) mescolato insieme
alle bucce degli agrumi, alla vaniglia ed al sale.
Lavorare
l’impasto fino al punto di corda. Prendete l’impasto, fare una veloce pirlatura
per formare una palla compatta e liscia e mettere a lievitare coperto con
pellicola per 2 ore ad una temperatura di 24-26°C in forno con una bacinella
d’acqua (per garantire una umidità minima del 75%).
Mettere
in frigorifero a maturare a 4°C per l’intera notte.
L’indomani
formare delle palline da 60 g cad. e mettere su teglia rivestita con carta da
forno.
Lasciar
lievitare nuovamente per 3-4 ore a 26°C in presenza di umidità.
Preriscaldare
il forno a 180°C e spennellare la superficie con la doratura.
Infornare
a 180°C per circa 20 min di cui i primi 15 con valvola chiusa, per chi ha un
forno professionale. Per chi, invece,
usa un forno casalingo, dopo 15 minuti aprire leggermente lo sportello per far
defluire l’umidità.
Variante con biga o lievito madre: sostituire al preimpasto
la biga a fermentazione media o il lievito madre di forza e ben maturo.
Note utili:
Per chi ha particolare fretta e vuole saltare
il riposo notturno: lasciare lievitare in frigorifero 2 ore poi stendere e
formare e lievitare secondo i passaggi di cui sopra
Per chi vuole conservare in congelatore: dopo aver steso e formato a palline l’impasto congelare
a -18 gradi °C. Le pezzature si conservano sino ad un massimo di 1 mese, anche
se il migliore risultato si ottiene entro i primi 15 giorni. All’occorrenza
scongelare, lasciar lievitare e procedere alla cottura come sopra.
Non
avendo crioprotettori (germe di grano o lecitina di soia) un conservazione in
negativo troppo prolungata danneggia la maglia glutinica
Uso del
miele: il miele nella ricetta è
usato sia come nutrimento per il lievito, ma anche perchè favorisce la
colorazione in cottura per la caramellizzazione degli zuccheri semplici di cui
è composto e soprattutto perchè essendo uno zucchero parzialmente invertito
consente al prodotto finito di conservarsi morbido più a lungo di un prodotto
equivalente fatto con solo saccarosio.
Ti seguo spesso, complimenti per la chiarezza.
RispondiEliminaComplimenti per la chiarezza. Esistono corsi online?
RispondiElimina